All'inizio del servizio civile, sul punto di partire per il Libano, i dubbi e le domande circa l'inserimento in una cultura diversa dalla mia costellavano i miei pensieri.
È sempre un momento delicato, quello dell'approccio a qualcosa che sai essere diverso da ciò a cui sei abituata e dai pensieri che puoi farti, che eppure ti invita a bussare alla sua porta, non riuscendo a trattenerti dal curiosare, dallo sbirciare, nel tentativo di non essere troppo invadente.
Così cerchi di prepararti il più possibile con gli strumenti che hai a disposizione, per provare a mettere insieme vari pezzi del puzzle sapendo che sarà sempre e comunque parziale, sempre e comunque filtrato.
Ma questo non ti impedisce di metterti in gioco.
E così arrivi nell'altro Paese.
Nei miei pensieri, probabilmente per necessità di semplificazione, ho sempre mantenuto un approccio binario, io vado in Libano, il Libano mi riceve.
Dunque questo incontro si prefigurava all'interno di una cornice bilaterale: io conosco "loro" e "loro" conoscono me.
Poi succede che a bussare alla tua porta è la realtà, che ai libri che hai letto, ai pensieri che ti sei fatta, ai documentari che hai visto lascia uno spazio poco più che marginale.
L'immaginazione, l'aspettativa, si incontra, e si scontra, con la concretezza.
E a quel punto ricominci un po’ tutto da capo, con una fondamentale differenza: questa volta hai davanti delle persone, portatrici di storie, con le quali ti è chiesto, in qualche modo, di comprometterti.
Di creare uno spazio tutto inedito dove, mettendo io il mio pezzettino e tu il tuo, la relazione nasce e fiorisce.
Come dicevo prima, mi immaginavo delle relazioni che viaggiassero sulla traiettoria del mio 'essere italiana' e del loro 'essere libanesi', poi è iniziato il nostro servizio, che ad ogni turno ci trasportava in mille altri posti.
E quindi piano piano impari che quel contenitore mentale che ti eri costruita è molto, molto più grande di quanto avresti pensato.
Inserendoci nella realtà di Caritas Libano, partner locale di Caritas Ambrosiana, abbiamo avuto modo di prestare servizio in due centri, il primo ospitante ex lavoratrici domestiche migranti, il secondo donne vittime di violenza di genere.
Le provenienze erano delle più svariate: Etiopia, Kenya, Sri Lanka, Sierra Leone, Siria, Iraq, Madagascar, Benin, Filippine e via dicendo...
È così si è creato questo cerchio gigante che ci permetteva di scoprire e scoprirci, confrontarci, sorprenderci delle somiglianze e annusare le differenze.
Arrabbiarsi per le incomprensioni, ma tornare a curiosare per imparare reciprocamente qualcosa di nuovo.
Lasciare anche quella libertà per cui, a volte, ci si può anche non incontrare e va bene così.
A tenere salde le redini resta comunque il legame e il desiderio di voler prendere parte, insieme, a questo ambizioso processo.
E proprio in questo Caritas Ambrosiana ha svolto un ruolo di accompagnamento fondamentale, offrendo punti di riferimento saldi, sia in termini di persone che di base valoriale su cui costruire il nostro servizio.
Allo stesso modo, la mediazione e la disponibilità di Caritas Libano si sono rivelate fondamentali per permetterci di imparare dall’esperienza diretta di chi tale realtà la vive quotidianamente.
Grazie!
Benedetta