"Chissà quando ci rivedremo". Le parole di Hakon, in Moldova per vivere un anno di Servizio Civile con Caritas Ambrosiana.

“Chissà quando ci rivedremo”

Gli aneddoti sul mondo Caritas o più in generale su tutta l’esperienza si sprecano: dalle selezioni on-line, ai primi incontri a Milano, le interazioni con gli altri candidati, i viaggi da e per Milano, fino all’esperienza traumatica dei giorni appena precedenti all’inizio del servizio.

Ma tra tutte queste esperienze attive, c’è necessità di coniugare anche la parte più privata e personale: le ultime cene con gli amici, i saluti ai parenti, la consapevolezza di una quotidianità durata magari anni e destinata a interrompersi bruscamente in meno di un mese.

E tra tutto il bagaglio emotivo, gli aneddoti più divertenti riguardano forse le reazioni dei propri amici alla notizia della partenza. In particolare, questa notizia diventa gettone per un ultimo incontro perché poi “chissà quando ci rivedremo”. Così, ogni qualvolta incontrassi un vecchio amico, un compagno di scuola, un conoscente con cui scambiare due parole, ecco che teneva banco la mia decisione di partire per la Moldova.

È successo anche con Maurizio, vecchio compagno delle superiori, studente al politecnico di Milano. Ci incontriamo una sera: io e un mio amico decidiamo che quella è la sera per un paio di partite a bowling. Detto, fatto. Siamo al bowling a fare i nostri tiri, quando in uno dei tavoli da biliardo della stessa sala intravedo uno spilungone con il caschetto di capelli neri, che gioca un po’ impacciato con altre due persone. Riconosco subito lui, Maurizio, e dopo poco anche gli altri due ragazzi, anche loro vecchi compagni di scuola. A quel punto è ovvio il da farsi. Finiamo la nostra partita e ci uniamo a loro per una partita.

Subito partono le domande sull’università, sul futuro, sulla (poca) voglia di lavorare e sulla difficolta di trovare qualcosa che ci interessi davvero. Di conseguenza, il discorso sul servizio civile e sulla Moldova. In poco tempo ci troviamo in un bar davanti chi a una birra chi a una coca cola (perché si sa che chi guida non beve), ed ecco che Maurizio si gioca il suo gettone: coglie l’occasione non per una cena, lui osa di più. È tanto che non ci vediamo, e allora mi offre ospitalità a Milano per i primi giorni di servizio, quelli di formazione in presenza. Così poi potremo salutarci per bene, aggiornarci meglio sulle nostre vite, riprendere un po’ il rapporto.

Io di certo non mi faccio scappare l’occasione, e appena il tutto viene confermato gli mando un vocale su WhatsApp. Mi risponde, ben felice di ospitarmi, di farmi conoscere i suoi coinquilini, si offre di farmi vedere un po’ la Milano degli studenti. Tutto bello, finché due giorni precedenti alla partenza non salta l’intero progetto Moldova per problemi con la graduatoria, e con un po’ di imbarazzo devo avvisare Maurizio che non mi sarà più necessario essere a Milano, e quindi non sarò suo ospite.

Degna conclusione dell’aneddoto sarebbe un mio viaggio a Milano per salutarlo prima di partire, una toppa per un incontro che non c’è mai stato. Ma no, non succederà, partirò per la Moldova e “chissà quando ci rivedremo”. Quella sera al bowling era il nostro primo incontro da tanto tempo, e anche l’ultimo, solo che non lo sapevamo.

Hakon

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