Quando ho detto ai miei genitori che sarei partito per fare un anno di servizio civile a Nairobi, in Kenya, l’unica ad aver avuto effettivamente una reazione è stata mia madre: “Perché devi andare così lontano? Se volevi fare un esperienza pericolosa, potevi benissimo andare a Pioltello”.
L’unica risposta che sono stato in grado di darle è che effettivamente non c’era migliore punto d’arrivo per questa fase della mia vita. Ma quindi io chi sono?
Sono Tommaso, laureando in scienze politiche (curriculum sociale) e da quando ho memoria ho sempre frequentato l’Oratorio della mia adorata Carugate, un luogo che per me è al pari di una seconda casa, anzi in alcuni momenti dell’anno diventa addirittura la prima. E lì in quelle aule e in quei campi è nata in me la voglia di aiutare chiunque ne abbia bisogno e sempre lì ho imparato che se vogliamo che le cose cambino nel mondo non devo aspettare che cambino da sole, ma alzarmi e partire.
Il progetto di Nairobi con i ragazzi ex detenuti del carcere minorile è quindi un ottimo connubio tra le mie passioni e ciò che voglio fare. Ho scelto di partire per un progetto lontano, il più lontano che abbia mai fatto, con le persone che più sono lontane dalla mia vita, per poter finalmente essere partecipe del processo di giusto cambiamento che voglio il mondo prenda.
Il tutto guidato dal primo inno di un Oratorio Feriale di cui abbia memoria, che mi ha sempre spronato ad essere una persona aperta agli altri ed alle sfide che la vita ci mette davanti:
“Noi siamo i colori della festa universale,
della libertà di vivere, amando tutti,
noi siamo i colori della festa più speciale,
tanti popoli che giocano, tutti insieme, sempre uniti”
Quindi, per tornare alla domanda iniziale: cara mamma, non so perché vado così lontano, quando posso benissimo attraversare la provinciale per fare una cosa simile, ma una cosa è sicura: non vedo l’ora di partire per mettermi al servizio, di imparare come fare la differenza, prima dentro di me per poi poter raggiungere più persone possibili.