Quando è iniziata l'esperienza in Moldova credevo che la distanza con cui dovessi fare i conti fosse quella che mi separava da casa e dalla mia famiglia. Però avevo fatto una scelta ed ero decisa ad andare fino in fondo.
Finché il Coronavirus non ha fatto la sua comparsa e ha gettato nuova luce su cosa implichi la parola "distanza".
Il ritorno
E' passato più di un mese da quando Giorgia e io ricevemmo la chiamata del nostro coordinatore che ci comunicava che tutti i volontari all'estero sarebbero stati rimpatriati a causa dell'emergenza Covid-19.
Infatti, da lì a un giorno la Moldova avrebbe chiuso le frontiere, e noi non avremmo più avuto la possibilità di lasciare il paese.
Incredulità, stupore, rifiuto furono alcune delle emozioni che provai dopo quella telefonata. Ricordo ancora che mi girai verso Giorgia e le chiesi: "ma dobbiamo fare veramente le valigie?".
Non avevo problemi di udito, ma semplicemente il mio cervello non voleva metabolizzare cosa le orecchie avevano appena sentito. Non ero pronta ad andarmene, non volevo proprio andare via e lasciare tutto. Sì, perché io me ne sarei andata a gennaio 2021, e non il 15 marzo 2020.
Un attimo prima stavamo parlando della plăcinta cu brânză che avremmo preparato quella sera, mentre mezz'ora dopo tutto era cambiato e stavamo facendo le valigie.
Alle 17 del giorno seguente eravamo su un volo per Vienna, poi da lì avremmo raggiunto Zurigo e infine il treno ci avrebbe portato a Milano, concludendo così il viaggio 24 ore dopo il suo inizio.
Mi ci è voluto un mese per elaborare cosa accadde in pochi istanti il 14 marzo, ma soprattutto per accettarlo. Continuavo a chiedermi perché dovevamo tornare a casa quando il nostro servizio era in Moldova. Cosa avremmo fatto a casa?
La sfida
E' proprio vero che la vita ci dona delle sfide quando meno ce lo aspettiamo, ma spetta solo a noi saperle sfruttare al meglio!
In un mese ho dovuto rivoluzionare la mia vita e le mie aspettative. Mi sono adattata ma non ho rinunciato al mio servizio, perché anche da distante potevo dare una mano.
Il periodo in cui stiamo vivendo, dove siamo costretti a distanziarci dagli affetti e da ciò che per noi è la quotidianità, mi ha insegnato che possiamo far sì che la distanza non diventi un ostacolo, ma sia una risorsa da sfruttare se noi lo vogliamo veramente.

Ed è così che mi sono ritrovata a fare qualcosa che mi piace, nonostante la distanza, l'epidemia e l'isolamento, aiutando Diaconia a lanciare la campagna di raccolta fondi "virusul nu se oprește în fața sărăciei".
L’epidemia di Coronavirus purtroppo non ha risparmiato neanche la piccola Moldova, e le sue conseguenze incidono ogni giorno su una realtà già severamente afflitta da povertà e privazioni.
Diaconia è in prima linea per fare in modo che nessuno venga abbandonato o dimenticato proprio perché il virus non guarda in faccia alla povertà.
Ogni giorno Diaconia attraverso i suoi volontari distribuisce ad anziani e famiglie in difficoltà pacchi alimentari e prodotti igenici. Dall'inizio della campagna sono stati consegnati oltre 1500 pacchi.
Anche tu, sì proprio tu che stai leggendo puoi fare la differenza per un'intera famiglia.
Non aspettare, dona ora perché la fame non aspetta.