In un’era fatta di velocità, connessione, spostamenti, libertà, suoni e rumori, chiacchiere, incontri, orologi letti ogni minuto che passa, giornate che spesso vorremmo durassero 40 ore o forse più … sembra assurdo ritrovarci a vivere il presente in un modo così diverso. Affacciandoci alle finestre pare che il mondo intorno a noi si sia fermato, è quasi incredibile il silenzio assordante che si ascolta.
È lo stesso silenzio che avvertivo lungo i miei ultimi giorni trascorsi in servizio…e che oggi vi voglio raccontare!
Ebbene sì, prima che le ultime restrizioni, legate all’emergenza sanitaria, entrassero in vigore ho avuto la fortuna di potermi mettere ancora al servizio nell’ufficio che ormai da due mesi mi accoglie dandomi l’occasione di incontrare ogni giorno qualche senza fissa dimora in cerca di due chiacchiere, un aiuto, delle risposte, uno scambio…
L’unica ma sostanziale differenza rispetto al solito era un avviso affisso al portone d’ingresso: “Il Servizio di Accoglienza Milanese resterà chiuso al pubblico fino a nuova comunicazione!”.
Non poter più aprire le porte a tutte quelle persone che entrando portano con sé le proprie storie dando così vita a quel luogo, significa ritrovarsi a fare i conti con dei lunghi silenzi.
È risaputo, insomma, quando si è circondati dal rumore, dal movimento, da molto lavoro, da tanti e continui contatti con chi è nel bisogno, si spera che arrivi preso l’ora della pausa, del silenzio; ma proprio quando giunge il tempo in cui questo silenzio è imposto si inizia a tentare di ascoltarlo cercandone il senso. È così che arriva la consapevolezza del valore che hanno tutte quelle persone che pur nelle loro fragilità varcano la soglia del servizio con tanta speranza (riposta spesso in piccole richieste) e con una voglia autentica di incontrare dei volti amici, forse, in alcuni casi, di sentirsi a casa.
Di certo quando sono loro a popolare quelle stanze il silenzio è l’ultima cosa che si può sentire ma adesso che mi è chiesto di viverlo credo sia il tempo giusto per farlo risuonare dentro di me. Sono certa che tornerà il tempo di stringere le loro mani, di incrociare i loro sguardi, di ascoltare le loro richieste e di percepire gratitudine per semplicissimi gesti di attenzione.
Ma adesso “shhh…” proviamo a metterci in ascolto di quel silenzio che in tanti stiamo sperimentando in questi tempi… e tentiamo di ascoltare ciò che cerca di dirci in tanti modi diversi!
Al prossimo racconto,
Giulia