Che ci faccio qui?
Mi chiamo Dana, ho 24 anni e sono in partenza per Nairobi. Sono nata nella città di Cernivzì, in Ucraina, e mi sono trasferita in Italia all'età di 10 anni. Nel corso dell'adolescenza ho sviluppato un forte interesse per il sociale che mi ha portato ad iscrivermi al corso di Scienze Sociali per la Globalizzazione e a recarmi in via San Bernardino 4 per un incontro informativo sui cantieri della solidarietà. Così è iniziato il mio percorso con la Caritas Ambrosiana: tre cantieri (Moldova, Kenya - Nairobi e Haiti) e ora il Servizio Civile.
L'impronta dei cantieri
Di sicuro i tre cantieri a cui ho preso parte hanno segnato in modo indelebile il mio percorso. Nella ricerca dell'ispirazione ho sbirciato nel mio diario del 2016, e ho deciso di riportare qui un pensiero che ho appuntato al rientro dal mio secondo campo:
"Molto spesso i miei freschi ricordi mi riportano ai giorni passati in Kenya. Ripenso al giorno in cui abbiamo visitato Korogocho, uno scontro durissimo con la realtà. Ripenso a come era bello confidarmi con Irene e all'esempio che è stata per noi femmine. Tornano in mente le lacrime di Marghe durante l'ultimo momento di riflessione, e poi le sedute notturne al lume di candela con chi riusciva a resistere al sonno e alla stanchezza per confrontarsi su qualsiasi tema. E poi la faccia divertita di Meshack quando gli ho detto che per non scottarci al sole applichiamo sulla pelle un'apposita crema. E mi piace ricordare la felicità della parrucchiera che ci ha fatto le treccine e che ha interpretato questo evento come una benedizione: di tutti i saloni siamo finite proprio nel suo.
Mi manca il duro lavoro, il machete, le fiacche. I racconti dei ragazzi della prigione, la tamarraggine dei matatu, i balli, giochi.. insomma tutto, tranne le infinite presentazioni ufficiali.
Credo che tutti noi siamo tornati un po' diversi. Poco tempo ma tanta crescita. Il viaggio obbliga poi a farne altri, quelli mentali. Dobbiamo stare molto attenti quando osserviamo il mondo con le nostre lenti occidentali! Vale sempre la pena provare a salire sulla cattedra, cambiare prospettiva.
L'essenziale è davvero invisibile agli occhi.. ma non è neanche così scontato vedere il superfluo".
... salire sulla cattedra?
Se mi chiedono perché parto, vado per un attimo in tilt. E' una domanda a cui è impossibile rispondere in breve ed in modo esaustivo. Prima bisognerebbe decodificare tutto quell'intreccio emotivo - percettivo che mi guida e che elimina ogni dubbio: sono sulla strada giusta.
E tuttavia un tentativo di risposta lo prendo in prestito dalla lezione di John Keating nel film "L'attimo fuggente":
"Sono salito sulla cattedra per ricordare a me stesso che dobbiamo sempre guardare le cose da angolazioni diverse. E il mondo appare diverso da quassù. Non vi ho convinti? Venite a vedere voi stessi. Coraggio! E' proprio quando credete di sapere qualcosa che dovete guardarla da un'altra prospettiva".
Quindi io parto per entrare in relazione con il diverso, per guardare le cose da angolazioni nuove, per conoscere, imparare, crescere e tornare più consapevole dei meccanismi che muovono il mondo. Per sfidare le mie convinzioni e scoprire i miei limiti. Sono pronta a mettere in gioco le mie capacità e le mie debolezze, e spero di lasciare a Nairobi dei piccoli semini che forse un giorno germoglieranno.
Non mi aspetto di cambiare il mondo, non ho pretese salvifiche! Parto per cambiare me stessa e per ritornare un giorno in veste di una Dana migliore.. ecco è di questo che ha bisogno il nostro pianeta, di persone migliori.
A presto!
Dana